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L’ICONA di ArtVerona 15 è Sono stata io di Daniela Comani

Premio ICONA a Daniela Comani
Nella seconda giornata di ArtVerona è stata proclamata l’opera vincitrice di ICONA, premio che prevede ogni anno l’acquisizione di un’opera che simbolicamente rappresenti la fiera, come manifestazione che promuove il sistema dell’arte italiano e contribuisce a delinearne i contorni. La commissione composta da Arrigo Porto, collezionista, Francesca Rossi, direttrice Musei Civici di Verona, Giorgio Fasol, Advisory Board ArtVerona e Mirko Rizzi, Editor in Chief Zero Venezia e Advisory Board ArtVerona, ha scelto l’opera Sono stata io. Diario 1900-1999 dell’artista Daniela Comani, esposta dalla Galleria Studio G7, Bologna.
Francesca Rossi
, Direttore Musei Civici di Verona, esprime le motivazioni della scelta: Nel magico quadro diacronico di avvenimenti che hanno segnato il XX secolo, si rivela, attraverso l’esperienza individuale dell’artista e della sua parola scritta nella forma del dialogo tra vittima e artefice, una straordinaria autobiografia collettiva che racconta il dolore e le conquiste del mondo nel Novecento. Giorno dopo giorno, nel diario di 366 giorni di un anno bisestile, l’accadere diventa storia e la conoscenza diventa reminiscenza, dando luogo a un grande affresco dell’Umanità, a un’enciclopedia della speranza da leggere e rileggere, come un mantra, per non dimenticare.

Premio Widiba a Petra Feriancová
Seconda edizione del premio nato su iniziativa del collezionista e personal finance advisor Fabio Agovino per l’acquisizione di un’opera che, abbracciando il modus operandi Widiba, esprima l’energia, la potenzialità della componente tecnologica e relazionale dell’arte. La commissione, composta da Fabio Agovino, collezionista, Domenico Palma, filmmaker e Francesca Blandino, storica dell’arte, ha scelto l’opera Seclusion, 2017 di Petra Feriancová, esposta da Gilda Lavia, Roma. Questa la motivazione della giuria: La trasposizione digitale delle nostre vite porta spesso con sé una selezione dei contenuti condivisibili, si opera una sorta di autocensura che edulcora le esperienze di una vita. In questo caso la Feriancova cerca di interpretare uno scenario rovesciato, una condivisione senza filtri che isoli i “contenuti inappropriati”, dolorosi, censurabili della sua vita, esponendoli come fossero scatti di una galleria di Instagram, questa volta però includendoli nel possibile scenario virtuale e reale.

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