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HABITAT

Marina Apollonio

Spazio ad Attivazione Cinetica 6B, 1967-2022
Courtesy l’artista / The artist

Figura rappresentativa del movimento ottico-cinetico internazionale, Marina Apollonio (Trieste, 1940) inizia nei primi anni Sessanta la sua ricerca sulla percezione e sulla comunicazione visiva andando nella direzione di un’arte depersonalizzata, in opposizione al concetto di astrazione espressiva. Scambia le sue idee con Getulio Alviani, con Dadamaino e gli altri esponenti di Azimuth; gravita intorno al Gruppo N di Padova ed al Gruppo T di Milano, condividendone sia gli intenti delle ricerche, sia la scelta di materiali moderni industriali per creare strutture calcolate in modo tale da trasformarsi in spazio. In Spazio ad Attivazione Cinetica 6B, una delle opere dalla più marcata componente immersiva, il punto di partenza è il cerchio su cui l’artista elabora un pattern di linee bianche e nere, matematicamente calcolate, al fine di creare uno spazio programmato capace di attivare virtualmente una percezione di fenomeni di restrizione ed espansione della forma. Sul pavimento di una stanza dalle pareti scure l’artista ha realizzato una composizione di cerchi concentrici decentrati. Camminandoci sopra i cerchi sembrano oscillare e spiraleggiare in vertiginosi effetti ottici. Una totale immersione, fisica e mentale, che richiede al visitatore il completo abbandono dei sensi e l’accettazione di una dimensione spaziale ricreata sulle trame dell’inganno ottico e del gioco percettivo.

Luciano Fabro

Nord Sud Est Ovest giocano a Shanghai, 1989 – 1994
Courtesy Galleria Christian Stein & Archivio Luciano e Carla Fabro, Milano

Sin dalla metà degli anni Sessanta, con opere come In Cubo (1966) e Concetto Spaziale (1967), la ricerca di Luciano Fabro (Torino, 1936 – Milano, 2007) si è espressa anche attraverso ambienti spaziali che invitano il visitatore non solamente ad osservare l’opera ma a modificarla attraverso la sua presenza e comportamento.
Come evidenziato in una conversazione con la figlia Silvia, l’opera Nord Sud Est Ovest giocano a Shanghai è una struttura sospesa al soffitto con quattro fili più invisibili possibile. Questo quadrilatero è dipinto, su ognuna delle facce del tubo quadro, con colori che corrispondono ai colori usati nei suoi quadri da Mondrian (rosso, blu…). Su tutto sono appoggiati dei tubicini di alluminio degli stessi colori e legati a due a due in modo che facciano una libera griglia sopra la struttura. Dei piccoli Nudi, appesi e trattenuti alla struttura da fili passanti tra la barretta e il tondino che formano nell’insieme una ragnatela con un filo continuo, hanno altezze diverse che equivalgono alla statura media delle persone: da 190 a 160 cm. Popolano una piazza e sembrano intrattenere una conversazione tra di loro.
L’immagine è tra il libero e il geometrico e ricorda quella del gioco dello Shangai, infatti per Fabro: “Un altro significato era il senso del gioco dello Shangai, che è sempre legato a uno degli elementi ricorrenti nel mio lavoro che è il giocare con il caso”.

Ugo La Pietra

Immersione nella luce, 1969-2016
Courtesy l’artista / The artist & Museo MA*GA, Gallarate (VA)

Artista, architetto, designer, Ugo La Pietra (Bussi sul Tirino, 1938, vive e lavora a Milano) ha sviluppato dal 1962 un’attività tendente alla chiarificazione e definizione del rapporto individuo-ambiente. All’inizio di questo processo di lavoro ha realizzato strumenti di conoscenza tendenti a trasformare il tradizionale rapporto opera-spettatore. Ha operato dentro e fuori le discipline dichiarandosi sempre “ricercatore nelle arti visive”.
Immersione nella luce fa parte del più ampio e pioneristico progetto delle immersioni iniziato negli anni Sessanta, una serie di installazioni immersive che simulano alcuni elementi naturali e isolano il fruitore all’interno di esse. L’oggetto ambientale posto al centro della stanza invita il visitatore a inserire la testa all’interno dell’abitacolo e a essere immerso nella dalla luce. Usando le parole dell’artista quest’opera è: “un invito ad un comportamento di uscita dalla realtà, per trovare rifugio in una sorta di privacy che è separazione ma anche strumento di verifica delle possibilità di intervento nella realtà stessa, attraverso elementi di rottura che spostino i termini codificati dalla tradizione”.

Nanda Vigo

Genesis Light, ANNO 2007
Courtesy Archivio Nanda Vigo, Milano

Sin dall’apertura del suo studio a Milano nel 1959 il tema essenziale dell’arte di Nanda Vigo (Milano, 1936-2020) è il conflitto/armonia tra luce, spazio e tempo, che l’artista utilizza nel proprio lavoro, anche come architetto e designer, alla ricerca di un’esperienza totale ed immersiva.
Dopo aver frequentato lo studio di Lucio Fontana, con cui progetta nel 1964 l’ambiente Utopie e essersi avvicinata agli artisti che avevano fondato la galleria Azimut a Milano, Vigo conosce gli artisti e i luoghi del movimento ZERO in Germania, Olanda e Francia, rendendosi motore di molte relazioni internazionali tra i gruppi di artisti.
I Genesis Light di Nanda Vigo (Milano, 1936-2020), cerchi di cristallo nero e luce satura, blu e/o rossa, sono tra le opere più̀ “ambientali” e “architettoniche” della produzione di Nanda Vigo e allo stesso tempo hanno un forte collegamento con la ricerca iniziata negli anni Sessanta. Come per Ambiente Cronotopico (1968), anche i Genesis Light hanno la caratteristica di interagire con lo spazio circostante, modificandolo e alterandolo allo scopo di raggiungere “conoscenze altre”, lontane, esoteriche, spaziali.
Ogni opera di Nanda Vigo è un viaggio interstellare!